Giuseppe
Brusasca nacque a Cantavenn a di Gabiano, in provincia di Alessandria,
il 30 agosto 1900, in una famiglia di proprietari terrieri impegnati
nel miglioramento dell'attività agricola del Casalese: suo padre
Giovanni diffuse il metodo Solari di fertilizzazione delle terre,
ispirandosi alla neofisiocrazia. Fu anche lungamente sindaco di
Gabiano. Giuseppe studiò per un breve periodo in un collegio salesiano,
poi frequentò ginnasio e liceo pubblici a Casale Monferrato. Giovanissimo,
si iscrisse alla facoltà di Ingegneria presso il Politecnico di
Torino, per rispetto dei voleri familiari, ma fu chiamato alle
armi nel maggio del 1918 e superò i corsi di ufficiale presso
l'Accademia militare di Torino. Tornando all'università dopo la
parentesi militare, optò per la più congeniale facoltà di Giurisprudenza
in cui si laureerà nel 1923, aggiungendo nel 1926 anche una laurea
in Scienze economiche e politiche.
Nel fervore di attività del primo dopoguerra si impegnò nella
Federazione universitaria cattolica italiana (all'interno del
circolo "Cesare Balbo" di Torino) e nella Gioventù di Azione cattolica,
di cui fu presidente diocesano di Casale, vicepresidente regionale
piemontese e membro del consiglio nazionale, tra il 1920 e il
1923. Parallelamente, sperimentò l'azione sociale con i contadini
del Monferrato, mentre prese anche parte con entusiasmo alla parabola
del Partito popolare italiano, seguendo il padre, il quale aveva
ottenuto ruoli dirigenti nel partito a livello locale e venne
anche eletto deputato nel 1919 e nel 1921.
Il giovane Giuseppe arrivò a diventare segretario politico della
sezione di Casale (1920-1923), uno dei pochi centri vivaci della
presenza popolare nell'Alessandrino socialista. Il partito casalese
era fortemente legato al radicamento cattolico-sociale, su linee
democratiche avanzate. Brusasca assunse posizioni rigidamente
antifasciste, e si trovò eletto in consiglio comunale come capo
della minoranza popolare contro i fascisti, dal 1923 al 1925.
Iniziò contemporaneamente l'esercizio dell'avvocatura, ma nel
1926 (dato il clima politico ostile) lasciò Casale e si stabilì
a Milano, dove lavorò per qualche tempo nello studio di Angelo
Mauri, anch'egli ex deputato e dirigente popolare, aprendone in
seguito uno proprio. Nel 1932 si sposò con Emma Cavalli, ebbe
quindi due figlie ma restò presto vedovo (si risposerà in seconde
nozze con Anna lemma solo nel 1966). A Milano frequentava intanto
i circoli privati degli antifascisti cattolici, da Gronchi a Jacini,
da Clerici a Marazza.
Brusasca venne così a trovarsi in una posizione importante nella
ripresa di contatti personali che portarono alla costituzione
della Democrazia cristiana tra 1941 e 1943: partecipò ad esempio
alla stesura del cosiddetto "Programma di Milano" - uno dei testi
più significativi del nuovo partito al Nord - assieme ad alcuni
esponenti ex popolari e ad altri giovani del movimento "guelfo",
che si era sviluppato dall'unica scintilla di attività antifascista
militante compiuta dai cattolici negli anni Trenta. Incaricato
fin dal periodo clandestino di seguire particolarmente la nascita
dei partito in Piemonte, dopo l'8 settembre si impegnò nella Resistenza,
fondando assieme ad alcuni amici la divisione autonoma "Patria"
che operò nel Casalese e nel Monferrato. Ricoprì delicati ruoli
di coordinamento politico nell'attività partigiana, esponendosi
anche personalmente per salvare alcune famiglie ebree (per questo
ottenne nel dopoguerra la medaglia dei "giusti" da parte israeliana).
Ebbe occasione di condurre le prime fallite trattative per la
resa di Mussolini nell'aprile del 1945 (prima degli incontri presso
l'arcivescovado milanese auspice il cardinale Schuster), utilizzando
contatti personali che ne fecero un mediatore sicuro. Dopo la
liberazione, sostituì Achille Marazza quale vicepresidente del
CIn Alta Italia per conto della Dc, e si schierò in varie occasioni
per valorizzare l'istituto dei CIn nel nuovo quadro democratico.
Segretario provinciale della Dc di Alessandria fin dalla liberazione,
fu anche chiamato dal CIn alla carica di presidente della Provincia.
Membro del consiglio nazionale della Dc dal 1945 al 1947, fu poi
anche per breve tempo membro della direzione nazionale tra 1945
e 1946, portandovi la spinta decisamente repubblicana degli ambienti
resistenziali. Un suo infiammato discorso per la repubblica contrassegnò
il ruolo della Dc nel congresso dei CIn di Milano dell'agosto
del 1945. Designato dal CIn Alta Italia alla Consulta, venne poi
eletto alla Costituente come primo di tutti i candidati democristiani
del Piemonte, raccogliendo ben 56.237 voti preferenziali. Nel
primissimo dopoguerra Brusasca era divenuto quindi un punto di
riferimento importante per il suo partito a livello regionale
e nazionale.
Dedicò peraltro il meglio delle sue energie alle questioni della
politica estera e coloniale, assumendo progressivamente anche
ruoli governativi non secondari. Il suo impegno in campo internazionale
iniziò partecipando alla delegazione italiana alla conferenza
della pace di Parigi, nell'estate del 1946, in qualità di esperto
sul problema dei confini italo-francesi. La scarsa considerazione
espressa in quell'occasione da parte dei vincitori nei confronti
delle posizioni italiane lo renderà abbastanza critico nei confronti
della politica alleata.
Sull'onda dell'esperienza internazionale compiuta a Parigi, Brusasca
fu designato come sottosegretario agli Esteri dopo le elezioni
del 1946, assumendo la carica contemporaneamente alla nomina di
Nenni ministro, nell'ottobre del 1946. Dopo una breve parentesi
all'Aeronautica nel terzo governo De Gasperi, riebbe la stessa
carica con il ministro Sforza, dal 1947 al 195 1. All'inizio di
questo periodo di responsabilità governative, fu molto coinvolto
nel dibattito sul Trattato di pace, che gli Alleati chiedevano
di firmare all'inizio del 1947. Rispecchiando molte analoghe preoccupazioni
di ambienti democristiani (a cominciare dalle proteste di don
Luigi Sturzo), egli sosteneva l'ipotesi di un soprassalto di dignità
nazionale contro il cosiddetto Diktat, che arrivasse anche a rifiutare
temporaneamente la firma. Ma De Gasperi, che aveva maturato la
convinzione che fosse necessario togliere di mezzo quello scoglio
per riabilitare il paese, lo portò sulle sue posizioni. Al momento
della decisione finale egli si allineò quindi al presidente del
Consiglio.
Nel frattempo, la sua attività lo conduceva ad essere magna pars
della Commissione di politica estera costituita presso la direzione
della Dc, istruendo quindi il dibattito in quel partito sulle
tappe essenziali della politica internazionale. Proprio occupandosi
di questi problemi, allacciò un sodalizio ideale e operativo con
De Gasperi che doveva definitivamente caratterizzare la sua attività
e sensibilità politica. La sua sensibilità sociale e democratica,
temprata dalla Resistenza e dall'opzione repubblicana, si incanalò
così verso le ragioni della mediazione centrista del leader trentino,
che lo conquistarono e lo fecero restare estraneo rispetto alle
correnti di sinistra del partito. Appoggiò con convinzione De
Gasperi, quindi, nella travagliata scelta del maggio del 1947
di rompere i governi di solidarietà nazionale e avviare l'esperimento
centrista, con socialisti e comunisti all'opposizione. Divenne
poi sostanzialmente un fedele interprete e un prezioso tramite
delle posizioni degasperiane, fungendo da raccordo tra governo
e partito, anche durante il complesso dibattito -che rivestiva
un carattere costituente della politica estera italiana -sulla
cosiddetta "scelta occidentale", in occasione della stipulazione
del Patto atlantico, tra 1948 e 1949.
Praticamente, la sua permanenza all'estero o l'impegno come membro
del governo coincisero quindi totalmente con i tempi del lavoro
dell'Assemblea costituente, ed egli non ebbe occasione di seguire
da vicino l'elaborazione del testo costituzionale, tanto che gli
Atti non registrano nessun suo intervento di rilievo, se non qualche
comunicazione dal banco del governo.
Ricoprì inoltre dal 1947 al 1951 l'interim del ministero dell'Africa
Italiana, seguendo in particolare la travagliata sistemazione
delle colonie prefasciste, la cui sorte era rimasta parzialmente
in sospeso dopo il Trattato di pace. La richiesta italiana di
amministrazione fiduciaria di tali paesi, su cui si investivano
molte speranze da parte di quasi tutte le formazioni politiche,
fu come è noto accolta nel 1950 solo per la Somalia. Anche dopo
queste delusioni, Brusasca perseguì con tenacia pragmatica l'obiettivo
difficile di salvaguardare almeno qualche forma di presenza italiana
negli ex territori coloniali: istruì e sorvegliò ad esempio l'avvio
della realizzazione della trusteeship italiana in Somalia, lavorò
quindi presso l'Onu per ottenere l'indipendenza dell'Eritrea (mentre
il Negus intendeva annettere direttamente quel territorio), riuscendo
a ottenere almeno il risultato di una federazione tra Eritrea
ed Etiopia che salvaguardava formalmente alcuni margini di autonomia
della più antica colonia italiana. La realizzazione di tale assetto
non doveva essere semplice, e infatti non fu duratura, ma servì
almeno a tutelare meglio la folta colonia italiana in Eritrea
nel periodo immediatamente postbellico. Nel 1951 si recò in missione
ad Addis Abeba, superando con il suo atteggiamento le prevenzioni
nei confronti del passato coloniale e imperialistico e riuscendo
quindi a ricucire i rapporti diplomatici con lo stato etiopico
in nome della nuova Italia. Nel frattempo, gestiva anche la liquidazione
dell'apparato del ministero (ormai divenuto inutile nella nuova
situazione), non prima di aver avviato la realizzazione dell'opera
documentaria L'Italia in Africa, che in 40 volumi si pose l'obiettivo
di tentare un resoconto analitico del ruolo italiano nel continente
nero, dal 1880 al 1950.
Nel 1951 ebbe l'incarico commissariale da parte di De Gasperi
di coordinare i soccorsi per gli alluvionati del Polesine. Compì
in seguito numerose missioni all'estero, soprattutto con delegazioni
del Parlamento italiano. Sarà infatti parlamentare ancora per
molte legislature (deputato dal 1948 al 1968 e quindi senatore
nella quinta legislatura). Brusasca restò però profondamente legato
alla memoria di De Gasperi e si sentiva un po' estraneo al clima
postdegasperiano dei vertici del partito e anche alla nuova dinamica
correntizia. Solo nel 1955-'57 tornò brevemente al governo, come
sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con una delega
per i problemi dello spettacolo. Nel 1972 scelse di non ripresentarsi
alle elezioni, dedicandosi alla vita del partito in modo originale,
con la fondazione del Movimento anziani della Dc (1983) e poi
degli specifici movimenti degli "ottantenni" e dei "novantenni"
del partito. Morì a Milano il I' giugno 1994.
FONTI
E BIBLIOGRAFIA
Da
sottosegretario, Brusasca curò la pubblicazione di un volume ricco
di dati su Il Ministero degli Affari Esteri al servizio del popolo
italiano (1943-1949), Roma, 1949. Negli anni '80, ha depositato
con lungimiranza il suo ricco archivio personale presso la Biblioteca
civica di Casale Monferrato, dove esso è attualmente inventariato
e consultabile. t stato finora utilizzato solo parzialmente: relativamente
alla questione coloniale da A. Del Boca, Gli italiani in Africa
Orientale. Nostalgia delle colonie, Bari-Roma, Laterza, 1984,
e sul confronto intemo al partito democristiano attorno ai problemi
della politica estera, da G. Formigoni, La Democrazia cristiana
e l'alleanza occidentale 1943-1953, Bologna, Il Mulino, 1996.
Non ci sono studi complessivi di carattere biografico su Brusasca:
egli ha però lasciato presso il citato archivio un dattiloscritto
autobiografico con ampie e interessanti notazioni; brevi sintesi
biografiche si trovano anche, a cura di M. Guasco, in Dizionario
storico del movimento cattolico in Italia, vol. 111/1, Casale
Monferrato, Marietti, 1984, p. 138 (alla cui bibliografia si rimanda)
ed a cura di S. Fangareggi in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare
e politica dell'Italia. 1961-1988, vol. XV, Milano, Nuova Cei,
1991, pp. 127-28; generiche note si trovano in I deputati e i
senatori del quinto Parlamento repubblicano, Roma, 1968, pp. 520-522
e una buona sintesi del suo operato politico, a cura di S. Fangareggi,
si trova in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica
dell'Italia. 1861-1988, vol. XV, Milano, Nuova Cei, 1991. Sul
suo ambiente formativo, qualche interessante riferimento è reperibile
in M. Guasco, Fascisti e cattolici in una città rossa. I cattolici
alessandrini di fronte al fascismo, 1919-1939, Milano, Franco
Angeli, 1978. Sull'attività nel CIn Alta Italia c'è documentazione
in G. Grassi (a cura di), "Verso il governo del popolo". Atti
e documenti del CLNAI 1943-1946, Milano, Feltrinelli, 1977. Cenni
alla sua attività sono comunque ovviamente presenti in tutte le
opere sulla Dc dell'epoca degasperiana e sulla ricostruzione della
politica estera italiana.
(Guido
Formigoni)