Angelo
Bellato nacque a Vittorio Veneto il 28 settembre 1900 da Fausto
e da Adele Zilli.
Il padre era un artigiano che costruiva e riparava carrozze, che
pur avendo simpatie socialiste era radicato nella tradizione di
una cattolicesimo ascetico ed evangelico. Angelo frequentò le
scuole tecniche di ragioneria a Treviso ed iniziò giovanissimo
a lavorare, rinunciando alla prosecuzione degli studi per le modeste
condizioni economiche della famiglia. Fin dagli anni giovanili
aderì all'Azione cattolica svolgendovi l'attività sociale in cui
si prodigò sino agli ultimi anni della vita.
La situazione della famiglia Bellato si aggravò a causa degli
eventi bellici, sicché, dopo la disfatta di Caporetto nell'ottobre
1917, per essa come per moltissime famiglie venete l'unica salvezza
di fronte all'avanzata nemica fu la fuga. I Bellato giunsero a
Torino, dove mancò la figlia Mary, già trattenuta nelle retrovie
per servizio presso la telefonia di Stato, essendo stata colpita
dopo breve tempo e uccisa dalla "spagnola".
Il padre lavorò alla "Pininfarina". Angelo si impiegò alla Banca
d'Italia. Nella Torino della industrializzazione e dell'operaismo,
di fronte alle sofferenze materiali ed all'avvilimento psicologico
e morale del proletariato urbano, egli scelse un ideale di vita
improntato alla testimonianza cristiana: entrò nella San Vincenzo,
aderì al movimento dei popolari, legandosi particolarmente al
gruppo di Gioachino Quarello segretario generale dell'Unione del
lavoro, ed entrò in contatto con Carlo Trabucco, con Gian Cesare
Bertone, segretario del Sindacato dipendenti dello Stato, con
Renato Vuillermin e con Saverio Fino, esponenti del Partito popolare
italiano. Ma, soprattutto, in quell'ambiente ebbe il primo incontro
con Carlo Tor riani, presidente del Consiglio regionale piemontese
dell'Azione cattolica, che tenne amico e maestro per tutta la
vita. (11 Torriani ricordò di lui: "giovanissimo nella lega bianca
formata con i suoi colleghi bancarii aveva ottenuto per questi
miglioramenti economici.
Trasferitosi nel 1924 alla sede alessandrina della Banca d'Italia,
ritrovò il Torriani divenuto segretario provinciale del Partito
popolare italiano di Alessandria e direttore del settimanale cattolico
"La libertà", ed iniziò al suo fianco la maturazione spirituale
e politica.
Svolse azione sindacale, adoprandosi per un sindacalismo che rappresentasse
il superamento della protesta puramente rivendicativa e solo verbalmente
partecipativa. Fu attivo nel movimento cooperativistico in tutta
la provincia, della quale conobbe i problemi e la gente. Poi l'evoluzione
politica del paese, con l'avvento del fascismo, stroncò uomini
e opere.
Bellato nello stesso anno 1924 aveva conosciuto l'opera educativa
del canonico Stomini aderendovi e collaborando all'animazione
ed alla organizzazione dell'attività del Circolo "Fede e Azione",
di cui divenne presidente. Restano due suoi scritti interessanti,
da un numero unico pubblicato il 6 dicembre 1925, a firma A.B.I.
(pseudonimo di Angelo Bellato): la lettera "Ai genitori" e la
"Relazione sull'attività svolta dal circolo nel periodo 8 dicembre
1907-8 dicembre 1925" Costituiscono un'utile testimonianza della
sua formazione intellettuale e spirituale, e del succedersi degli
avvenimenti e dei protagonisti che egli giudicò, fissandone un
nucleo problematico preciso.
Già nel 1924 le organizzazioni cattoliche erano state bersaglio
delle violenze e dello scherno degli organi di stampa e politici
fascisti: nel 1931 nella notte tra il 29 e il 30 maggio subirono
una irruzione violenta e distruttiva con l'imposizione di "chiusura".
Nel 1932 - anno in cui fu possibile riaprire alcune sedi dei circoli
cattolici ma con pesanti condizionamenti tali da escludere ogni
forma di opposizione al regime -Bellato divenne presidente provinciale
della Gioventù dell'Azione cattolica e rimase in tale carica sino
al 1936.
Nel 1934 Angelo Bellato sposò Clara Mantelli: nacquero loro cinque
figli. Dello stesso periodo fu il primo dei suoi ripetuti rifiuti
della tessera fascista, pur essendo dipendente di una banca "governativa"
ed avendo il carico della famiglia.
Nell'estate 1942, ricorda Torriani, i "popolaristi" decisero di
riorganizzarsi clandestinamente per affrontare la situazione e,
al momento opportuno, capovolgerla. Si nominarono delegati per
ogni provincia. Alcide De Gasperi aveva incaricato Giuseppe Spataro
di parlarne a Giuseppe Brusasca per quanto riguardava la provincia
di Alessandria ( ... ). E l'avvocato Brusasca ( ... ) annunciò
a Torriani il nuovo movimento e una sua prossima visita. Difatti
fu a una riunione di Alessandria dove potè metter le basi dell'organizzazione
provinciale, anche in intesa con cospiratori di altre ideologie.
Queste basi furono presto trovate per la spontanea offerta di
Angelo Bellato come primo responsabile.
Durante i 45 giorni di Badoglio anche i partiti locali cercarono
un collegamento: "ad Alessandria una prima riunione tra gli esponenti
dell'antifascismo locale si era tenuta all'indomani del 25 luglio
( ... ) questi contatti, ripresi nei giorni seguenti e proseguiti
più o meno regolarmente per tutto il periodo badogliano portarono
alla costituzione di un comitato antifascista interpartitico".
Per i popolari, ormai Democrazia cristiana, su basi ristrette,
vi partecipò Angelo Bellato. In tale periodo fu cofondatore e
direttore del giornale clandestino "Patria", uno dei primi fogli
stampati alla macchia in Piemonte.
Tale azione trovò "naturale evoluzione verso l'effettiva volontà"
di resistere ai tedeschi ed ebbe modo di manifestarsi già all'indomani
dell'8 settembre: "verso la fine del settembre ad Alessandria
fu costituito il C.L.N. provinciale. Ne fecero parte gli esponenti
del Comitato interpartitico nato il 26 luglio, ed elementi nuovi
entrati nella lotta dopo l'armistizio. La composizione del C.L.N.
era ampia e comprendeva uomini dei cinque partiti antifascisti
( ... ). Fecero parte del primo C.L.N. provinciale alessandrino
( ... ) per la Democrazia cristiana Angelo Bellato" (G. Pansa).
Fu poi lui che scovò "Malerba" -il prof. Edoardo Martino - e lo
mise al comando dei volontari della divisione "Patria": la formazione
era nata da accordi presi da Bellato con reduci dal fronte d'Oriente
ed operò nell'Alessandrino e nel Monferrato.
Anche per merito riconosciuto dell'Azione cattolica, gli ultimi
giorni di guerra non si trasformarono in Alessandria in giorni
di eccidio: vi fu il determinante intervento mediatorio del Capitolo
della cattedrale che in persona del canonico Glio prese contatti
con le Stato maggiore tedesco: Mons. Glio si portò alla sede dei
Chi (presso l'Ospedale Maggiore) ove tra i membri in permanenza
vi erano anche Bellato e Franco e appoggiato da questi ottenne
che le due parti si incontrassero nell'aula capitolare della cattedrale.
Dopo la liberazione Bellato collaborò per qualche tempo con il
prefetto Punzo nei mesi travagliati del dopoguerra nel difficile
ritorno alla normalità, ma soprattutto si dedicò alla riorganizzazione
delle forze cattoliche nella Democrazia cristiana, di cui era
divenuto temporaneamente segretario provinciale, carica che negli
anni successivi ricoprì più volte.
Nel 1946 venne candidato al primo Parlamento repubblicano, ed
eletto deputato alla Costituente per il partito cattolico nella
circoscrizione Alessandria-Asti-Cuneo con 22.629 voti. Date le
sue competenze tecniche molto settoriali, non diede un contributo
diretto alla elaborazione della Carta, ma la sua presenza fu ugualmente
assidua in Assemblea e attenta alla tutela di varie categorie,
fra cui in particolare i piccoli proprietari terrieri, per cui
si impegnò nella presentazione di varie interrogazioni ai ministeri
competenti.
Nel 1948 venne eletto deputato alla prima legislatura nella stessa
circoscrizione e fece parte del gruppo dei parlamentari degasperiani
più saldamente ancorati alle radici popolari. I suoi interventi
furono attinenti alla sua ampia preparazione amministrativa e
sostenuti con la passionalità che gli era propria, robustamente
argomentati e di una logica serrata e precisa.
Accettò ripetutamente anche la candidatura alle elezioni amministrative
della città, ogni volta riuscendone eletto: fu consigliere comunale
per 17 anni. Conosceva bene la vita socio economica alessandrina,
specialmente nelle sue strutture economiche e nello stretto nesso
di interdipendenza col mondo tecnico professionale, nelle attività
produttive, nella vita sociale con le sue varie articolazioni.
Anche in questo impegno non era rimasto assente l'antico spirito
di cattolico militante. Osservava Torriani: "Come nell'Azione
cattolica diocesana aveva portato criteri pratici e dinamici,
facendo apprezzare ai giovani la liturgia, gli esercizi spirituali,
la carità vincenziana, la gara filodrammatica, la lotta contro
l'immoralità, nella politica portò la direttiva sicura che viene
da una fede ferma, da un democraticismo di fatti e non di parole".
Negli anni '70 Bellato abbandonò la politica attiva, di quella
matrice popolare e sturziana che aveva vissuto da "sofferto testimone-protagonista"
(G. Ratti) con coerenza incontestabile.
Morì in Alessandria il 30 giugno 1985.
FONTI
E BIBLIOGRAFIA
Per
le fonti archivistiche cfr. Archivio Centrale dello Stato, Ministero
Interni, Direzione Generale P.S., Div. AA.CC.RR., cat. G la, I'
vers., busta 35, fasc. 367, sottofasc. 4.
Oltre
ai cenni biografici in La Consulta nazionale. I Deputati alla
Costituente, Roma, La Navicella, 1987, e poi ne I Deputati della
prima legislatura, si veda la scama bibliografia esistente: E.
Bellato, Memoria, (dattiloscritto); C. Torriani, Uomini di buona
volontà, Il ed., Alessandria, 1997, passim; L'on. Angelo Bellato,
in La voce alessandrina", a. LXVII, n. 24, 13 giugno 1946; B.
Rangone, Angelo Bellato, "La voce alessandrina", n. 27, 6 luglio
1985; G. Ratti, Ricordo di Angelo Bellato, in "Quaderno" dell'Istituto
per la storia della Resistenza di Alessandria e Asti, n. 16, a.
VIII, 1985-1986, pp. 245-246; G. Pansa, Guerra partigiana, Bari,
Laterza, 1967, pp. 15, 25; Aa.Vv., Don Stornini e i so fanciott,
Alessandria, 1983.
(Renato Lanzavecchia)