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Angelo Bellato  
 

I costituenti della provincia di Alessandria

Angelo Bellato

Giuseppe Brusasca

Paolo De Michelis

Luigi Longo

Stellio Mauro Lozza

Gioachino Quarello

Giuseppe Raimondi

Giuseppe Romita

 

Angelo Bellato nacque a Vittorio Veneto il 28 settembre 1900 da Fausto e da Adele Zilli.
Il padre era un artigiano che costruiva e riparava carrozze, che pur avendo simpatie socialiste era radicato nella tradizione di una cattolicesimo ascetico ed evangelico. Angelo frequentò le scuole tecniche di ragioneria a Treviso ed iniziò giovanissimo a lavorare, rinunciando alla prosecuzione degli studi per le modeste condizioni economiche della famiglia. Fin dagli anni giovanili aderì all'Azione cattolica svolgendovi l'attività sociale in cui si prodigò sino agli ultimi anni della vita.
La situazione della famiglia Bellato si aggravò a causa degli eventi bellici, sicché, dopo la disfatta di Caporetto nell'ottobre 1917, per essa come per moltissime famiglie venete l'unica salvezza di fronte all'avanzata nemica fu la fuga. I Bellato giunsero a Torino, dove mancò la figlia Mary, già trattenuta nelle retrovie per servizio presso la telefonia di Stato, essendo stata colpita dopo breve tempo e uccisa dalla "spagnola".
Il padre lavorò alla "Pininfarina". Angelo si impiegò alla Banca d'Italia. Nella Torino della industrializzazione e dell'operaismo, di fronte alle sofferenze materiali ed all'avvilimento psicologico e morale del proletariato urbano, egli scelse un ideale di vita improntato alla testimonianza cristiana: entrò nella San Vincenzo, aderì al movimento dei popolari, legandosi particolarmente al gruppo di Gioachino Quarello segretario generale dell'Unione del lavoro, ed entrò in contatto con Carlo Trabucco, con Gian Cesare Bertone, segretario del Sindacato dipendenti dello Stato, con Renato Vuillermin e con Saverio Fino, esponenti del Partito popolare italiano. Ma, soprattutto, in quell'ambiente ebbe il primo incontro con Carlo Tor riani, presidente del Consiglio regionale piemontese dell'Azione cattolica, che tenne amico e maestro per tutta la vita. (11 Torriani ricordò di lui: "giovanissimo nella lega bianca formata con i suoi colleghi bancarii aveva ottenuto per questi miglioramenti economici.
Trasferitosi nel 1924 alla sede alessandrina della Banca d'Italia, ritrovò il Torriani divenuto segretario provinciale del Partito popolare italiano di Alessandria e direttore del settimanale cattolico "La libertà", ed iniziò al suo fianco la maturazione spirituale e politica.
Svolse azione sindacale, adoprandosi per un sindacalismo che rappresentasse il superamento della protesta puramente rivendicativa e solo verbalmente partecipativa. Fu attivo nel movimento cooperativistico in tutta la provincia, della quale conobbe i problemi e la gente. Poi l'evoluzione politica del paese, con l'avvento del fascismo, stroncò uomini e opere.
Bellato nello stesso anno 1924 aveva conosciuto l'opera educativa del canonico Stomini aderendovi e collaborando all'animazione ed alla organizzazione dell'attività del Circolo "Fede e Azione", di cui divenne presidente. Restano due suoi scritti interessanti, da un numero unico pubblicato il 6 dicembre 1925, a firma A.B.I. (pseudonimo di Angelo Bellato): la lettera "Ai genitori" e la "Relazione sull'attività svolta dal circolo nel periodo 8 dicembre 1907-8 dicembre 1925" Costituiscono un'utile testimonianza della sua formazione intellettuale e spirituale, e del succedersi degli avvenimenti e dei protagonisti che egli giudicò, fissandone un nucleo problematico preciso.
Già nel 1924 le organizzazioni cattoliche erano state bersaglio delle violenze e dello scherno degli organi di stampa e politici fascisti: nel 1931 nella notte tra il 29 e il 30 maggio subirono una irruzione violenta e distruttiva con l'imposizione di "chiusura". Nel 1932 - anno in cui fu possibile riaprire alcune sedi dei circoli cattolici ma con pesanti condizionamenti tali da escludere ogni forma di opposizione al regime -Bellato divenne presidente provinciale della Gioventù dell'Azione cattolica e rimase in tale carica sino al 1936.
Nel 1934 Angelo Bellato sposò Clara Mantelli: nacquero loro cinque figli. Dello stesso periodo fu il primo dei suoi ripetuti rifiuti della tessera fascista, pur essendo dipendente di una banca "governativa" ed avendo il carico della famiglia.
Nell'estate 1942, ricorda Torriani, i "popolaristi" decisero di riorganizzarsi clandestinamente per affrontare la situazione e, al momento opportuno, capovolgerla. Si nominarono delegati per ogni provincia. Alcide De Gasperi aveva incaricato Giuseppe Spataro di parlarne a Giuseppe Brusasca per quanto riguardava la provincia di Alessandria ( ... ). E l'avvocato Brusasca ( ... ) annunciò a Torriani il nuovo movimento e una sua prossima visita. Difatti fu a una riunione di Alessandria dove potè metter le basi dell'organizzazione provinciale, anche in intesa con cospiratori di altre ideologie. Queste basi furono presto trovate per la spontanea offerta di Angelo Bellato come primo responsabile.
Durante i 45 giorni di Badoglio anche i partiti locali cercarono un collegamento: "ad Alessandria una prima riunione tra gli esponenti dell'antifascismo locale si era tenuta all'indomani del 25 luglio ( ... ) questi contatti, ripresi nei giorni seguenti e proseguiti più o meno regolarmente per tutto il periodo badogliano portarono alla costituzione di un comitato antifascista interpartitico". Per i popolari, ormai Democrazia cristiana, su basi ristrette, vi partecipò Angelo Bellato. In tale periodo fu cofondatore e direttore del giornale clandestino "Patria", uno dei primi fogli stampati alla macchia in Piemonte.
Tale azione trovò "naturale evoluzione verso l'effettiva volontà" di resistere ai tedeschi ed ebbe modo di manifestarsi già all'indomani dell'8 settembre: "verso la fine del settembre ad Alessandria fu costituito il C.L.N. provinciale. Ne fecero parte gli esponenti del Comitato interpartitico nato il 26 luglio, ed elementi nuovi entrati nella lotta dopo l'armistizio. La composizione del C.L.N. era ampia e comprendeva uomini dei cinque partiti antifascisti ( ... ). Fecero parte del primo C.L.N. provinciale alessandrino ( ... ) per la Democrazia cristiana Angelo Bellato" (G. Pansa). Fu poi lui che scovò "Malerba" -il prof. Edoardo Martino - e lo mise al comando dei volontari della divisione "Patria": la formazione era nata da accordi presi da Bellato con reduci dal fronte d'Oriente ed operò nell'Alessandrino e nel Monferrato.
Anche per merito riconosciuto dell'Azione cattolica, gli ultimi giorni di guerra non si trasformarono in Alessandria in giorni di eccidio: vi fu il determinante intervento mediatorio del Capitolo della cattedrale che in persona del canonico Glio prese contatti con le Stato maggiore tedesco: Mons. Glio si portò alla sede dei Chi (presso l'Ospedale Maggiore) ove tra i membri in permanenza vi erano anche Bellato e Franco e appoggiato da questi ottenne che le due parti si incontrassero nell'aula capitolare della cattedrale.
Dopo la liberazione Bellato collaborò per qualche tempo con il prefetto Punzo nei mesi travagliati del dopoguerra nel difficile ritorno alla normalità, ma soprattutto si dedicò alla riorganizzazione delle forze cattoliche nella Democrazia cristiana, di cui era divenuto temporaneamente segretario provinciale, carica che negli anni successivi ricoprì più volte.
Nel 1946 venne candidato al primo Parlamento repubblicano, ed eletto deputato alla Costituente per il partito cattolico nella circoscrizione Alessandria-Asti-Cuneo con 22.629 voti. Date le sue competenze tecniche molto settoriali, non diede un contributo diretto alla elaborazione della Carta, ma la sua presenza fu ugualmente assidua in Assemblea e attenta alla tutela di varie categorie, fra cui in particolare i piccoli proprietari terrieri, per cui si impegnò nella presentazione di varie interrogazioni ai ministeri competenti.
Nel 1948 venne eletto deputato alla prima legislatura nella stessa circoscrizione e fece parte del gruppo dei parlamentari degasperiani più saldamente ancorati alle radici popolari. I suoi interventi furono attinenti alla sua ampia preparazione amministrativa e sostenuti con la passionalità che gli era propria, robustamente argomentati e di una logica serrata e precisa.
Accettò ripetutamente anche la candidatura alle elezioni amministrative della città, ogni volta riuscendone eletto: fu consigliere comunale per 17 anni. Conosceva bene la vita socio economica alessandrina, specialmente nelle sue strutture economiche e nello stretto nesso di interdipendenza col mondo tecnico professionale, nelle attività produttive, nella vita sociale con le sue varie articolazioni. Anche in questo impegno non era rimasto assente l'antico spirito di cattolico militante. Osservava Torriani: "Come nell'Azione cattolica diocesana aveva portato criteri pratici e dinamici, facendo apprezzare ai giovani la liturgia, gli esercizi spirituali, la carità vincenziana, la gara filodrammatica, la lotta contro l'immoralità, nella politica portò la direttiva sicura che viene da una fede ferma, da un democraticismo di fatti e non di parole".
Negli anni '70 Bellato abbandonò la politica attiva, di quella matrice popolare e sturziana che aveva vissuto da "sofferto testimone-protagonista" (G. Ratti) con coerenza incontestabile.
Morì in Alessandria il 30 giugno 1985.

FONTI E BIBLIOGRAFIA

Per le fonti archivistiche cfr. Archivio Centrale dello Stato, Ministero Interni, Direzione Generale P.S., Div. AA.CC.RR., cat. G la, I' vers., busta 35, fasc. 367, sottofasc. 4.
Oltre ai cenni biografici in La Consulta nazionale. I Deputati alla Costituente, Roma, La Navicella, 1987, e poi ne I Deputati della prima legislatura, si veda la scama bibliografia esistente: E. Bellato, Memoria, (dattiloscritto); C. Torriani, Uomini di buona volontà, Il ed., Alessandria, 1997, passim; L'on. Angelo Bellato, in La voce alessandrina", a. LXVII, n. 24, 13 giugno 1946; B. Rangone, Angelo Bellato, "La voce alessandrina", n. 27, 6 luglio 1985; G. Ratti, Ricordo di Angelo Bellato, in "Quaderno" dell'Istituto per la storia della Resistenza di Alessandria e Asti, n. 16, a. VIII, 1985-1986, pp. 245-246; G. Pansa, Guerra partigiana, Bari, Laterza, 1967, pp. 15, 25; Aa.Vv., Don Stornini e i so fanciott, Alessandria, 1983.

(Renato Lanzavecchia)

 

 

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