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Nel
marzo 1991, meno di un anno dopo essere intervenuto ad Alessandria
in occasione del 45° anniversario della Liberazione, l’allora
Senatore a vita Spadolini tornò per visitare la Cittadella
di Alessandria e vi tenne l’orazione ufficiale – con
il Sindaco Giuseppe Mirabelli - in occasione del 170° dei moti
del marzo ‘21.
“Signor
Sindaco, cittadini di Alessandria
(…) Non sono questi tempi lieti per il Risorgimento. Ma è questo
il motivo che rende più strenua la nostra fedeltà,
più risoluto il nostro animo, più decisa la nostra
azione nella costante rivendicazione dei valori degli uomini che
fecero l’Italia.
E fra gli uomini che fecero l’Italia, anzi che la intuirono
e la sognarono prima di vederla realizzata, occupa un posto fondamentale
il protagonista della rivolta di Alessandria nel 1821, Santorre
di Santarosa. Un posto che una volta gli era riconosciuto nei vecchi
libri di testo dell’Italia liberale e prefascista, ma che
cominciò ad assottigliarsi durante la dittatura e talvolta
ha rischiato di dileguarsi o di svanire dopo.
Oggi Alessandria onora Santorre di Santarosa; oggi Alessandria
onora il vessillo tricolore innalzato nella sua cittadella, che è monumento
vivo nel cuore della popolazione, all’alba del 12 marzo 1821,
in questo stesso luogo, sul’onda di quel moto che – accesosi
a Cadice ed estesosi dalla penisola iberica al napoletano – irradiava
in Italia il principio di nazionalità, sullo sfondo di quell’universalismo
democratico cui si richiamerà il primo non meno che il secondo
Risorgimento. È l’episodio che Giosuè Carducci
descrive nei versi di “Piemonte”, nelle “Odi
barbare”:
“Innanzi a tutti, o nobile Piemonte, quei che a Sfacteria dorme
e in Alessandria diè a l’autore il primo tricolore,
Santorre di Santarosa”
Certo: il vessillo non era ancora il tricolore tradizionale che
oggi rappresenta l’unità politica e morale degli italiani
(…). Ma già ai colori della Carboneria (rosso, azzurro
e nero) – quei colori della bandiera che fu sventolata nella
rivoluzione democratica napoletana del 1799 – si erano sostituiti
nuovi colori: e per la prima volta era comparso, al posto del nero,
il verde.
La bandiera della costituzione, con le sue tinte unitarie che rappresenta
un’aperta sfida alle molte sbandierate della reazione, quella
bandiera che il congiurato colonnello Ansaldi issò sugli
spalti di Alessandria, costituiva il primo passo sulla traiettoria
del tradizionale vessillo d’Italia: quel Tricolore che, dopo
la fondazione della mazziniana “Giovine Italia”, non
avrebbe più ceduto il posto ad altro vessillo in clima risorgimentale.
Il 25 aprile dello scorso anno, invitato dall’amministrazione
provinciale allorché celebrai il quarantacinquesimo anniversario
della Liberazione, promisi che sarei tornato ad Alessandria per
ricordare i moti del 1821 e i patrioti che li animarono. (…)
Fu Alessandria a muoversi per prima, il 10 marzo, ad opera del
capitan Palma, comandante del reggimento Genova. La città per
la sua importanza strategica, era il perno intorno a cui dovevano
ruotare le operazioni della congiura ed è lì che
i patrioti iniziarono a convergere da ogni parte. La cittadella,
questa cittadella, venne occupata: il capitano delle porte fu costretto
a consegnare le chiavi e venne arrestato il comandante.
All’alba del giorno seguente le artiglierie annunciarono
la vittoria della libertà: la bandiera tricolore sventolava
sulle torri del forte e si creò un comitato governativo
provvisorio. (…)
Non perché questo centosettantesimo anniversario dei moti
alessandrini ci offre l’occasione per ricordare gli ideali
che animarono quegli uomini, ma perché quegli ideali sono
oggi più vivi che mai in tutto il mondo e hanno ricevuto
dalle vicende dell’est europeo una nuova autorità:
l’ansia di libertà, l’aspirazione alla democrazia,
l’esigenza dell’indipendenza e dell’autodeterminazione
di tutti i popoli che molti di loro posero come un comando morale
a se stessi. (…)”
Tratto
da Il sogno della Libertà - I moti del marzo 1821
in Alessandria, a cura di G.Massobrio, Alessandria 1991
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